La storia dei Bronzi di Riace

Il mistero e il fascino di queste due statue porta con se domande apparentemente semplici: chi erano i Bronzi e chi li ha creati?
I Bronzi di Riace possono essere ammirati all’interno del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, il MArRC

Chi erano i Bronzi di Riace, chi li ha realizzati e cosa simboleggiano?

Uno dei grandi problemi della conoscenza del mondo antico è il nostro approccio modernista nei confronti dell’immaginario greco e romano. Una domanda come ‘Chi erano i Bronzi?’ non trova una risposta immediata poiché abbiamo in parte perso la comprensione delle iconografie antiche.

L’iconografia dei Bronzi

La “nudità eroica”, in cui vengono mostrati i Bronzi, identificava dei ed eroi, compresi gli eroi contemporanei, quali i vincitori negli agoni panellenici. Solo queste categorie, nel mondo greco, avevano diritto a essere rappresentate nude. Al contrario i ritratti di comuni mortali dovevano essere realizzati con i loro vestiti o le loro armature. 

Ecco quindi che abbiamo un primo indizio su chi erano i Bronzi: raffigurano due eroi. Per le convenzioni iconografiche del tempo il loro status di guerrieri passava dalla presenza indispensabile di elmi, scudi e lance. Entrambe le statue da Riace rappresentano degli opliti, che brandivano le armi tipiche della metà del V secolo a.C.

Un’altra notazione iconografica riguarda la cuffia presente sulla testa del Bronzo B, chiamata in greco kyne. Lo caratterizza come re o tiranno, ecista o stratego, permettendo di indirizzare la ricerca sull’identificazione del personaggio rappresentato su un percorso con precisi limiti.

Il Bronzo di Riace denominato B esposto al Museo di Reggio Calabria. Secondo alcuni studiosi potrebbe trattarsi della statua di Etèocle.

I Bronzi potrebbero essere parte di un gruppo statuario

Gli storici dell’arte greca hanno individuato similitudini con un gruppo statuario molto noto nell’antichità, i “Fratricidi” di Pitagora di Reggio, bronzista dello stile severo peloponnesiaco, autore di numerose sculture per vincitori dei giochi panellenici e di opere celebranti dei ed eroi. Nel confrontare i Bronzi di Riace con il gruppo dei “Fratricidi” (tutti peraltro provenienti da Roma o dalle sue vicinanze) sono state riscontrate due caratteristiche peculiari.

Il centro della scena è occupato dalla madre di Etèocle e Polinice, mostrata nel tentativo di fermare il duello dei figli. Uno dei due fratelli è mostrato con una espressione di aggressività sul volto (colta da tutti gli artisti che hanno realizzato tali opere), e trova un preciso riscontro iconografico solo nel Bronzo A, che mostra i denti in segno di ostilità, permettendoci di identificare le statue di Riace come Etèocle (B) e Polinice (A), colti nel momento in cui la loro madre compie l’estremo tentativo di impedirne la morte violenta, come raccontato da Stesicoro. Valorizzando questo confronto, si può ipotizzare che i Bronzi di Riace appartenessero al celeberrimo gruppo dei “Fratricidi” di Pitagora di Reggio. 

Chi sono questi fratricidi?

Si tratta di Etèocle (Bronzo B) e Polinice (Bronzo A), figli di Edipo, che si trovarono a contendere tra loro per il trono di Tebe dopo l’abdicazione del padre. Il primo accordo tra i due fratelli prevedeva un regno condiviso, un anno per ciascun fratello, ma l’avidità di Etèocle lo portò a disattendere i patti e a condannare all’esilio perpetuo il fratello. 

Polinice, tradito dal fratello, arrivò alla città di Argo, dove sposò Argia, figlia di Adrasto, il re della polis. Il suocero appoggiò il genero nell’impresa di riconquista della tirannide di Tebe. Iniziò così l’epopea dei Sette a Tebe, una serie di lotte e di violenze destinate a concludersi solo con la generazione successiva, quella degli Epigoni, che sancì il diritto al governo tebano dell’erede di Polinice.