La mappa della Magna Grecia in Italia

Il concetto di Magna Grecia a la sua relativa mappa si basano sulla fusione tra popoli italici e le città greche del sud dell’Italia.

Il concetto di Magna Grecia e la sua relativa mappa sono alquanto labili cronologicamente.

A rigor di logica, dovrebbe applicarsi al periodo del cosiddetto Impero di Sibari e dell’Impero di Crotone, ricadenti sotto la predominanza del Partito Pitagorico in varie città dell’Occidente greco, tra il 530 e la metà del V secolo a.C.

Solo in quegli anni, con il superamento del concetto oppositivo greco-barbaro, si ottenne una reale fusione culturale tra i vari popoli italici e le città greche del sud dell’Italia. In confronto con la povertà agricola della Grecia propriamente detta, il territorio italico era celebre per la ricchezza dei prodotti. E anche per uno stile di vita “sibaritico”, improntato a un maggior godimento delle gioie terrene.

La mappa della Magna Grecia alla fine del V secolo a.C.

Alla fine del V secolo a.C. il concetto territoriale di Magna Grecia venne a sovrapporsi a quello di Italia, indicando le terre più meridionali della penisola. Interessante appare l’estensione del nome di Italia/Italìa/Vitalìa, originatosi sulle rive dello Stretto e legato al mito di Eracle. Di ritorno dalla sua impresa iberica dei buoi di Gerione, l’eroe fece tappa a Rhegion (appena fondata da Giocasto, figlio di Eolo). Dovette tuttavia inseguire la mandria nella prospiciente Sicilia, giacché un vitello aveva attraversato a nuoto lo Stretto, seguito dal resto del bestiame.

Dopo un viaggio che gli fece attraversare l’intera isola, Eracle, tornato sullo Stretto, chiese agli abitanti di Zancle (odierna Messina), quale fosse la parola che, nella lingua dei Siculi, che abitavano l’odierna Calabria meridionale e la Sicilia orientale, indicasse il vitello. La risposta fu vitulus, e per questo l’eroe denominò la costa reggina come “terra del vitello”, Vitalìa. Questo mito ci è attestato non solo dalle fonti letterarie, ma dalla coniazione di dracme a Reggio con la tipologia del vitello. A indicare come, all’epoca, l’Italia fosse confinata solo all’interno dei confini della polis. Un mito alternativo vuole che il nome Italia venga del re Italo, che governava i Siculi che abitavano l’Aspromonte, la cui figlia, Rome, sarebbe stata l’eponima della città di Roma.

Dal IV secolo a.C.

Come che sia, agli inizi del IV secolo a.C., il nome Italia arriva a comprendere tutto il territorio della Lega Achea. Quest’ultima cambiò nome in Lega Italiota, arrivando fino all’istmo lametino-scilletico. Le vicende legate alle grandi conquiste di Dionisio il Vecchio, tiranno di Siracusa, portarono il nome di Italia fino ai popoli della Campania e dell’Abbruzzo attuali, ma fu Roma, con la sua conquista delle regioni meridionali, a estendere la denominazione fino al Rubicone. Quando i popoli italici si ribellarono a Roma, all’inizio del I secolo a.C., il loro emblema fu proprio il vitello di Eracle e Augusto, per riaffermare la legittimità della conquista romana, pose questo animale su molte e missioni monetali. Lo stesso Augusto decise di comprendere nell’Italia tutto il territorio posto a sud delle Alpi.

Tornando alla Magna Grecia, vorremmo chiudere rimarcando il motivo che spinse Platone – già quarantenne – a visitare l’Occidente greco. Il filosofo, amante dello stile di vita italiota, era interessato a visitare i crateri dell’Etna e gli altri vulcani siciliani. Proprio per questo motivo, si potrebbe definire Platone quale il primo “turista moderno” della Storia.