Il mito dei Bronzi di Riace e la loro sensualità

I Bronzi di Riace sono, a ragione, un motivo d’orgoglio per la Calabria intera

I Bronzi di Riace sono, a ragione, un motivo d’orgoglio per la Calabria intera. La loro scoperta, avvenuta il 16 agosto del 1972, si deve al subacqueo romano Stefano Mariottini. Durante un’immersione nelle acque di Riace Marina, il giovane notò qualcosa di insolito: un braccio di statua emergeva dal fondale. Da questo momento in poi inizierà la storia moderna di queste eccezionali opere d’arte. Mariottini informò prontamente la Soprintendenza archeologica calabrese e pochi giorni dopo i sub dei Carabinieri recuperarono le due statue, denominate Statua A (il “Giovane”) e Statua B (il “Vecchio”).

Il ritrovamento delle statue bronzee fece clamore e attirò l’attenzione di tutti i media nazionali. I primi lavori di ripulitura dei Bronzi di Riace furono affidati ai restauratori del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, ma dopo circa tre anni le sculture furono trasferite presso il Centro di Restauro della Soprintendenza Toscana di Firenze, dotato di strumenti più idonei. Il restauro venne portato a termine diversi anni dopo e, finalmente, nel dicembre del 1980 fu organizzata una mostra. Prima presso il prestigioso Museo Archeologico di Firenze, successivamente anche a Roma. La fama delle due statue superò rapidamente i confini nazionali e, ad oggi, la scoperta dei Bronzi di Riace rappresenta l’avvenimento archeologico più significativo del XX secolo.

I misteri dei Bronzi di Riace

Nonostante siano trascorsi oltre cinquant’anni dal loro rinvenimento, i due Bronzi di Riace celano ancora numerosi enigmi, alcuni dei quali potrebbero restare irrisolti. Altri dubbi sono stati dissipati, come quelli relativi alla datazione: per lungo tempo gli accademici si sono interrogati sull’epoca delle due opere, identificando infine il V secolo a.C. come periodo di realizzazione.

In merito alla provenienza delle statue, sono state avanzate più ipotesi, ma non è stata ancora fornita una risposta definitiva. Secondo le analisi effettuate sui campioni della terra di fusione rinvenuta all’interno delle statue, si è ipotizzato che la statua A fosse stata realizzata ad Argo, mentre la statua B nel territorio dell’Attica. In un secondo momento, è stato ritenuto più plausibile provenissero dalla piana di Argo e dalla Megaride. Alcuni autori si dicono certi che entrambe le statue siano state create ad Argo.

Anche sulla paternità, certezze assolute non ve ne sono. Secondo una delle più recenti ipotesi (formulata dal professor Daniele Castrizio), l’autore delle statue sarebbe lo scultore greco Pitagora di Reggio, attivo tra il 480 e il 450 a.C. e autore dell’Auriga di Delfi. Alcuni studiosi non sono d’accordo nel ricondurre entrambe le statue a una singola persona: si riscontrano importanti differenze nei materiali utilizzati, che potrebbero suggerire l’intervento di più mani.

Viene comunque considerata plausibile l’ipotesi che, pur provenendo da officine differenti, le due statue facessero parte dello stesso gruppo statuario. 

Chi rappresentano i due Bronzi di Riace? 

Un altro mistero sul quale gli studiosi continuano a interrogarsi riguarda il soggetto rappresentato. Sempre secondo il prof. Castrizio, i due bronzi avrebbero fatto parte di un gruppo statuario composto da 5 statue, fotografate nel momento che precede il duello fratricida tra Eteocle e Polinice (fratelli nati dal rapporto incestuoso fra Giocasta e il figlio Edipo). In base alle testimonianze storiche, il complesso illustrava una scena con cinque attori: i due fratelli posizionati alle estremità; vicino a Polinice, la sorella Antigone; al centro, la madre nel tentativo di impedire il sanguinoso duello fra i due figli; accanto a Eteocle, l’indovino Tiresia. Secondo Castrizio, la smorfia della statua A deve far pensare alla figura di Polinice (“è l’unica statua al mondo esistente che mostra i denti e che simboleggia l’ostilità”); mentre la cuffia di cuoio che avrebbe indossato la statua B riconduce a Eteocle, in quanto segno dorico dei tiranni. 

Perché i due bronzi sono stati ritrovati in Italia? 

Un enigma ulteriore, ancora irrisolto, si riferisce alla comparsa delle due sculture nelle acque calabresi. Taluni studiosi ipotizzano che, provenendo dalla Grecia, siano giunte a Roma come conseguenza di un atto di saccheggio. Successivamente, sarebbero state caricate su una nave per essere trasportate a Costantinopoli, dal momento che Costantino il Grande voleva trasferire lì tutta la collezione imperiale di opere artistiche. Forse una tempesta ha fatto naufragare l’imbarcazione, oppure parte del carico è stata gettata in mare per salvare la nave in balia delle acque agitate. Sarà difficile, se non addirittura impossibile, risolvere questo mistero. 

La sensualità dei Bronzi di Riace 

Tralasciando le incertezze e i misteri che possono circondare queste opere, si evidenzia l’importanza di riconoscere in esse l’incarnazione di una bellezza ideale e una perfetta resa anatomica, tipiche dell’arte classica greca. La scultura greca si caratterizzava per l’intima connessione con la rappresentazione del corpo umano, ponendo particolare enfasi sulla forma fisica, l’eleganza e l’equilibrio. I Bronzi di Riace si inseriscono in questa tradizione artistica, esaltando la sensualità.

Le figure dei due guerrieri presentano una perfetta simmetria, una postura elegante e un realismo sorprendente. La cura con cui sono stati scolpiti i dettagli anatomici, come i muscoli del torace, l’addome, le braccia e le gambe, contribuisce a creare una sensazione di forza e vitalità.

La sensualità delle statue emerge anche attraverso l’espressione dei volti. Nonostante sia formale e concentrata, gli occhi sembrano fissare qualcosa con intensità, avvolgendoli in un’aura di magnetismo.

Inoltre, la scelta del bronzo ha contribuito a esaltare la loro sensualità. Il bronzo, un materiale resistente e duttile, ha permesso allo scultore (o agli scultori) di creare superfici levigate e riflettenti che sottolineano le forme del corpo e accentuano i dettagli anatomici.

La sensualità dei bronzi di Riace, quindi, risiede nella loro perfezione anatomica, nella cura dei dettagli, nella resa del movimento e nell’uso del bronzo come materiale che esalta la bellezza e l’eleganza delle figure. Queste statue rappresentano un esempio straordinario dell’arte greca classica e continuano a incantare i visitatori con la loro presenza.

Dove si possono vedere i Bronzi di Riace? 

I Bronzi di Riace si trovano nel Museo Nazionale Archeologico di Reggio Calabria, situato in Piazza De Nava. L’accesso alla sala è consentito soltanto a gruppi di massimo 10 persone ed è soggetto a limitazioni di tempo. Il programma è il seguente: sosta iniziale nella sala pre-filtro, dove viene proiettato un video relativo alle ricerche sui Bronzi; sosta di circa 3 minuti nella sala filtro; visita ai Bronzi di circa 20 minuti; uscita. 

Ogni anno, numerose persone visitano il Museo Archeologico Nazionale per ammirare i Bronzi di Riace, e in occasioni particolari, si registrano afflussi di pubblico record. Durante il ponte del 25 aprile 2023, ad esempio, sono stati 8.601 i visitatori che hanno varcato le soglie del museo in soli quattro giorni.