Bronzi di Riace: ipotesi di ricostruzione e colore

Le statue antiche non erano monocromatiche, come siamo abituati a pensare; i Bronzi di Riace presentano parti colorate ben visibili
Ricostruzione dei colori dei Bronzi di Riace Foto: Saverio Autellitano

di Daniele Castrizio e Saverio Autellitano

Ricostruire il gruppo dei “Fratricidi” di Pitagora di Reggio nella sua integrità, così come ci è testimoniata dai confronti archeologici, è stata una sfida entusiasmante, perché si è trattato di lavorare avendo i Bronzi che raffiguravano Eteocle e Polinice, ma senza i tre soggetti che non sono giunti sino a noi: la madre, la sorella Antigone e l’indovino Tiresia.

I tre soggetti ‘mancanti’

Secondo quanto viene descritto, sappiamo che il primo attore a interpretare il dramma è sicuramente Tiresia, l’indovino che ha previsto tutto quanto sta per accadere, collocandolo accanto all’Eteocle rassegnato, con la mano destra appoggiata alla folta barba, un segno della morte imminente che è usuale riscontrare nelle fonti iconografiche.

La seconda interprete è Antigone, la sorella dei due guerrieri, che abbiamo modellato con le sembianze di una giovane donna nell’atto di protendersi verso il fratello Polinice, nel disperato tentativo di dissuaderlo dal momento d’ira.

In ultimo il fulcro della scena, Eurigania, la madre dei due fratelli che “fuori di sé appresa la notizia del duello, andava scompigliata nei capelli e nel volto, nuda nel petto immemore della sua dignità di donna”. Pensiamo questa statua dovesse essere il vero capolavoro, la più bella ed emozionante tra le cinque, collocata al centro della scena per avere tutta l’importanza che merita. Essa rappresenta infatti il dolore di una madre che sta per perdere entrambi i propri figli, impotente di fronte a un destino già scritto.

Le statue antiche non erano monocromatiche

Comprendere che le statue antiche non fossero monocromatiche, come siamo abituati a pensare, può risultare difficile da accettare: ecco perché abbiamo ritenuto necessario che il colore fosse parte integrante della nostra ricostruzione. Sappiamo bene come molte tra le statue antiche in bronzo avessero inserti colorati. Nel nostro caso, i Bronzi di Riace presentano parti colorate ben visibili come labbra, capezzoli e kynê di rame, denti d’argento e occhi fatti di calcite, pasta vitrea per le iridi e una pietra rosa per la caruncula lacrimalis (le uniche due statue al mondo con tale dettaglio anatomico). 

L’anomala ed eccessiva percentuale di stagno nella lega del bronzo indica che il colore oro che ne risulta era quello che serviva al bronzista per ottenere capelli e barbe bionde. Per il colore della pelle Pitagora ha utilizzato il fegato di zolfo, che permette di scurire il bronzo con un processo di ossidazione selettiva, che permette di avere tonalità simili al colore della pelle umana.

Il sorprendente bilanciamento dei volumi

Confrontando i risultati ottenuti, appare sorprendentemente chiaro come, nella loro integrità, i volumi delle statue si bilancino perfettamente. La folta chioma di Polinice e la kynê di Eteocle, per esempio, occupano lo stesso spazio, così come la posizione del corpo della Statua A lascia “leggere” la scena in modo corretto; in tal modo, chi osserva i due fratelli che si fronteggiano, vedrà perfettamente la kynê di Eteocle e i denti di Polinice, i due elementi chiave del racconto. Altrettanto sorprendente è la resa cromatica, che rimane coerente con l’estetica dell’arte greca, e che ricorda in qualche modo la pittura vascolare come ulteriore riscontro iconografico.

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